Come nella moda, basta un tubino e un accessorio fluo e il gioco è fatto. La tinta può colpire qualunque oggetto, specialmente quelli meno in vista e rivalutare un frammento di pellicola in bianco e nero. E' da quest'idea che si sviluppa il lavoro di Giovanni Bellavia, laureato in Filosofia e all' Accademia di Belle Arti, che vive a Bologna e utilizza prodotti, tecniche e dinamiche della comunicazione di massa quali pubblicità, fotografie, cinema e videoclip e li rielabora con ironia e provocazione.
Nell' esposizione Cinèmi allestita a Bologna dall'8 al 28 giugno presso la Galleria l' Ariete, l'artista tenta di nobilitare l'attimo, prelevando inquadrature famosissime di capolavori come Il Gattopardo, Rocco e i suoi Fratelli e fissarle, quasi fossero singole opere da ammirare, complete anche se svincolate dal veloce susseguirsi di immagini che definiscono una trama.
Se la scelta di prediligere il cinema in bianco e nero degli anni sessanta è uno dei tanti riflessi dell'enorme eco che quel decennio sta avendo nel palinsesto degli eventi estivi con manifestazioni di costume, cultura e moda (si pensi al recente Biografilm), l'attenzione alle figure femminili, protagoniste dei singoli film, è tutt'altro che casuale. Queste, cristallizzate in un fermo immagine che le rende altro rispetto alla storia che raccontavano nel mondo della cellulosa, sono eterne quasi fossero cammei. Il volto impassibile e freddo della Bergman porta i segni del terrore, la Sandrelli è spiata nei lavori domestici, Sandra Milo è la frivolezza, la Giradot ha sul viso i segni dell'attesa di una madre.
Le grandi dive del cinema italiano rivivono attraverso giochi di colori, ora velate da una benda sugli occhi che le carica di nuovo fascino, nascoste dietro a finestre o in primo piano davanti a vetrate multicolori. Elegante? Sì, ma con fantasia e tinte vitaminiche, care Fashion Victim...
Sofia Mattioli